Gestione dei Conflitti al Lavoro

Steven Spielberg a 15 anni veniva terrorizzato da un bullo della sua scuola, un giorno chiese al bullo se voleva recitare la parte di eroe-protagonista di un suo film che avrebbe girato a casa. Il bullo non gli rispose e se ne andò, ma dopo qualche giorno tornò da Spielberg e gli disse che avrebbe recitato il ruolo di protagonista del suo film.

Spielberg e il bullo divennero migliori amici: il giovane regista si era messo nei panni del bullo e aveva soddisfatto i suoi bisogni (bisogno di sentirsi importante).

Cos’è il conflitto?

Situazione in cui interessi e bisogni delle parti sembrano incompatibili.

Cause

  • Interessi e bisogni divergenti (es. due venditori della stessa azienda vogliono concentrarsi sulla stessa categoria di clienti).
  • Emozioni mal gestite (rabbia, frustrazione, paura, risentimento).
  • Distribuzione iniqua di risorse o premi (es. la retribuzione di chi lavora poco e chi lavora tanto è la stessa).
  • Opinioni, credenze e valori diversi (es. ateo vs credente).
  • Risorse limitate (es. lotta per il cibo o il lavoro nei paesi poveri).
  • Informazioni scarse o ambigue (es. non so se l’altra parte mi dice la verità o meno).
  • Problemi strutturali (es. culture competitive e aggressive, ambiguità e conflitti di ruolo, leadership autoritaria o lassista).

La vera causa del conflitto è la sua escalation negativa, ovvero un inadeguato controllo delle proprie e altrui emozioni, nonché un inappropriato stile comunicativo e relazionale.

Conseguenze dei conflitti

  • Negative: deterioramento dei rapporti, separazioni, cause legali, perdita di clienti, perdita di soldi, creazione di inimicizie e nemici, guerre.
  • Positive: consolidamento di buoni rapporti e collaborazioni, mantenimento e fidelizzazione dei clienti, aumento della fiducia nei propri confronti, creazione di nuove soluzioni, problem-solving, soddisfazione reciproca. Esempio: le due parti trovano insieme la soluzione ad un problema in grado di soddisfare gli interessi di entrambi.

Un po’ di conflitto è positivo, l’importante è che venga gestito bene:

troppo conflitto causa guerre, l’assenza di conflitto causa stagnazione.

Stili di gestione dei conflitti

1 . Competitivo (“io vinco tu perdi”): persegui solo i tuoi interessi. Esempio: entrambi vogliamo l’arancia. L’arancia me la prendo tutta io, non mi interessa se la vuoi anche tu!

È utile quando sei certo di avere ragione, quando hai bisogno di una decisione veloce, quando hai di fronte una persona prepotente.

Svantaggi: puoi sembrare autoritario, aggressivo, insensibile ed egoista compromettendo quindi le relazioni.

2. Collaborativo (“entrambi vinciamo”): presti attenzione agli interessi di tutte le parti.

Quando usarlo? Quando sono coinvolte le vite di altre persone, quando non vuoi avere tutta la responsabilità, quando c’è fiducia, quando vuoi ottenere l’impegno dell’altra parte, quando affronti emozioni intense (es. ostilità), quando vuoi mantenere buoni rapporti di collaborazione.

Esempio: entrambi vogliamo l’arancia. Capiamo prima per quale motivo, troviamo una soluzione che soddisfi entrambi. Il marito può voler l’arancia perché ha fame e allora si prende tutta la polpa, mentre la moglie vuole fare una torta e si prende tutta la buccia. Entrambi sono contenti.

3. Compromissorio (“entrambi vinciamo e perdiamo qualcosa”): una via di mezzo tra l’essere assertivo e cooperativo, trovare una soluzione che soddisfi parzialmente entrambe le parti. Esempio: entrambi vogliamo l’arancia, allora la dividiamo a metà.

Quando usarlo? Quando gli interessi sono di modesto valore e non serve uno stile più assertivo, ci sono persone dello stesso status e con lo stesso coinvolgimento, per trovare una soluzione temporanea ad una questione complessa, trovare una soluzione ad un problema importante, quando collaborazione e competizione non hanno avuto successo.

Svantaggi: può lasciare insoddisfatte entrambe le parti.

4. Stile evitante (“me ne vado, non mi interessa”): non persegui gli interessi di nessuno, eviti il confronto, te ne vai, ti ritiri. Esempio: “non mi interessa se non riuscite a mettervi d’accordo sugli appuntamenti, siete abbastanza grandi da arrangiarvi da soli, me ne vado”.

Lo stile evitante può essere utile quando la questione non è importante, quando ci sono altre priorità, quando sei impreparato, quando la situazione è inadeguata (tempo e luogo inappropriati), quando sei emotivamente coinvolto, quando non hai chance di vincere. Svantaggi: se lo stile evitante è un comportamento sistematico può generare sentimenti di frustrazione, rabbia e mancanza di fiducia nell’altra parte; può quindi compromettere i rapporti.

5. Stile accomodante (“ti lascio vincere”): non è né assertivo, né cooperativo. Si può usare quando la questione non è importante, quando so di non avere ragione, quando voglio preservare i rapporti, quando continuare a competere sarebbe dannoso (esempio, so di non poter vincere). Se utilizzato troppo spesso può indebolire la propria autostima e si rischia di dare un’immagine di sé negativa: persona debole, passiva e manipolabile.

Come gestire i conflitti?

Prendi consapevolezza: Come ti senti? Che emozioni stai provando? Cos’è successo? Stai respirando? Che stile di gestione dei conflitti stai utilizzando? Cos’è veramente importante per te?

Controlla le emozioni: blocca il comportamento automatico dettato dalle emozioni, respira lentamente con il diaframma, utilizza il dialogo interno, prendi le distanze dalla situazione, prendi una pausa, esci venti minuti e poi ritorna ad affrontare il problema, assumi una prospettiva diversa, chiedi a qualcun altro cosa ne pensa. Esempio: quando una persona ti offende prima di mandarla a quel paese puoi respirare lentamente e capire cosa sta succedendo, pronuncia dentro di te frasi calmanti come “mantieni la calma, respira e rispondi in maniera diplomatica”. Talvolta, non vale la pena fare il gioco dell’altra parte, ovvero rispondere con un’altra offesa. Qualcuno diceva: “La mia arma è la gentilezza”.

Separa la persona dal problema: non attaccare né offendere la persona, ma concentrati sul problema specifico in maniera oggettiva. Esempio: “il progetto ha costi troppo alti, quando mi presenterai un’alternativa che riduce i costi potremmo riparlarne” vs “non sei in grado di fare un progetto”.

Esame di realtà, ascolto attivo e decentramento: chiedere e sondare quali sono interessi, bisogni e paure dell’altra parte; mettersi nei panni dell’altro. Esempio: “Per quale motivo vuoi l’arancia?”.

Trova punti in comune: ad esempio, “Entrambi vogliamo che il progetto venga approvato, cerchiamo il modo di ridurre i costi”.

Inventa tante opzioni di reciproco interesse: creare insieme nuove possibilità e alternative.

Utilizza criteri oggettivi per decidere quali opzioni scegliere per risolvere un conflitto. Esempio: leggi, standard di qualità, dati economici e statistici, parere di una terza parte neutrale.

Comunicazione strategica. “Io mi sento frustrato quando eviti di discutere insieme a me dei problemi che stiamo affrontando. Lo sai che ci tengo a te e alla nostra relazione, per questo motivo vorrei parlare insieme a te su come migliorare la situazione” VS “Non te ne frega niente della nostra relazione, eviti sempre la discussione”.

Scegli lo stile di gestione dei conflitti giusto al momento giusto. Esempio: se so di avere ragione e ho bisogno di una decisione immediata, lo stile competitivo può essere più adeguato degli altri stili.

Niente interrogatorio. Esempio: “Perché fai così? Cos’hai fatto ieri? Dove sei stato?”

Tecniche di autodifesa verbale. Cambia gioco, non serve contrattaccare.

Ad esempio, immagina di incontrare un collega ad una festa che ti dice: “Sei ovunque, sei come il prezzemolo” (detto in maniera seccata). Puoi evitare battutine di contro-attacco del tipo “oh che sfiga di nuovo tu”. Al contrario, puoi utilizzare:

una battuta spiritosa (“non sapevo di avere il dono dell’ubiquità”);

un commento bisillabico (“ah sì”, “certo”, “ma no”);

fare complimenti e lodi (“è sempre un piacere incontrare persone gentili e simpatiche come te”);

dire un proverbio strampalato che non c’entra niente per disorientare l’altro (“una rondine non fa primavera”);

usare il silenzio intenzionale (semplicemente decidere di non rispondere).

Ricorda di fare attenzione alla comunicazione non verbale (tono di voce, gesti, ecc.), alle volte diciamo parole gentili ma in modo aggressivo.

Dopo questa sintetica panoramica su come gestire i conflitti, ti consiglio di leggere questo libro: “Piccolo manuale di autodifesa verbale” di Barbara Berckhan. Un libro utile, pratico e conciso. Clicca il link per vedere il libro http://amzn.to/2vqiKh0

Divertiti a sperimentare le strategie per la gestione dei conflitti.

Dott. Andrea Miriello
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni
Consulente, Formatore, Business Coach